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Nucleotides bonanza |
Materia assai affascinante la
bioinformatica; mi sono scoperto attratto dalla
biologia computazionale e da quello strato di meccanismi e processi naturali che regolano il funzionamento degli esseri viventi. In termini astratti funzioniamo esattamente nella stessa maniera in cui lavorano i computer: il DNA è un linguaggio formale, ed è ammaliante il pensiero che questo codice da interpretare contenga anche il programma stesso dell'interprete: gli enzimi che regolano la sintesi proteica sono a loro volta proteine. Uno "strano anello", per dirla alla Hofstadter.
Certo, dal punto di vista pratico si è risolto tutto in una grande abboffata di
programmazione dinamica, perverse strutture dati per
indicizzazione (ma con interessanti applicazioni per il web) e algoritmica di ricostruzione di alberi, ma questo è l'aspetto meno rilevante del corso.
Ben più interessante è stato studiare come a partire da quattro
basi azotate si dipani un universo di specie; come la natura trovi
escamotage perversi per specializzarsi e migliorarsi (per esempio, la bizzarra questione dello
splicing alternativo); quante e quali siano le
differenze tra i genomi delle specie, spesso assai poche!, e quali tipi di ricombinazione assurdi siano avvenuti nel corso dei millenni (il pensiero di avere
codice genetico "fossile" di virus al nostro interno toglie il fiato).
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Subunità "grande" di un ribosoma... bel casino! |
Ma è anche straordinario vedere come
le cellule armonizzino processi mostruosamente complessi, custodendo il codice genetico in modo molto geloso e protettivo, mandando in pasto a quei bestioni dei
ribosomi solo delle copie sacrificabili di RNA. In particolare, il processo di traduzione cui sono delegati ha uno smaccatissimo sapore informatico: prendono in input una sequenza di RNA e la analizzano, a mo' di automa, alla ricerca di una sequenza di inizio (il codone di start); da lì in poi avviene un lookup di sotto-sequenze, per collegare tra loro gli amminoacidi corrispondenti, fino al raggiungimento del codone di stop. Tutto molto meccanico ed elementare. Non ricorda vagamente la
macchina di Turing? In effetti sì, e c'è chi ha già teorizzato di
exploitare il DNA per risolvere problemi di classe NP: Adlemann nel 1994 ha implementato il problema del cammino Hamiltoniano proprio su queste basi, aprendo la strada all'interessantissimo fronte del
DNA computing. Chissà se tra qualche decennio i super-computer basati su filamenti saranno all'ordine del giorno.
2 comments:
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William
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