Un saggio sul progresso, lettura ideale in spiaggia |
Intrigato dal nome veramente insolito per un insegnamento di informatica e da un programma quasi totalmente umanistico, cosa già di per sé rara, ho deciso di inserire questo corso nel piano di studi e si è rivelato una autentica figata.
L'esame consiste nel produrre un piccolo saggio su temi caldi dell'informatica - nel mio caso analizzati nell'ottica neo-pragmatica di Larry Laudan - e discuterne all'orale.
Questo corso mi ha rivelato un universo di cui ero totalmente all'oscuro perché quasi nessuno, io per primo, si ferma mai a riflettere su cosa effettivamente sia scientifico e cosa oltre il limite della demarcazione, e cosa ci faccia progredire o vada estromesso dal computo. L'informatica ha sì radici lontanissime, millenarie, ma si è concretizzata solo negli ultimi anni, in maniera incendiaria e non sempre rigidamente scientifica. Intimamente legata alla logica e alla matematica, si è assicurata un solido background epistemologico ma, ciononostante, esistono ampi spazi di riflessione, ad esempio tutti quei campi legati alla percezione e al cognitivismo come l'interazione uomo-computer.
Aspetti epistemologici dell'informatica mi ha dato modo di scoprire nuovi aspetti della filosofia (il prof. Colombo è particolarmente seducente nel trattare Aristotele, che ho rivalutato completamente), di consolidare la mia stima per Galileo e Newton (soprattutto dopo aver letto i saggi di Alexandre Koyré), di realizzare in maniera definitiva la mia infatuazione latente per il connessionismo e di scontrarmi coi notevoli problemi di natura filosofico-metafisica dell'intelligenza artificiale, finendo a rovistare negli articoli di Turing subendone l'inevitabile fascinazione.
Probabilmente tutto questo non mi servirà mai in ambito lavorativo. Sapere chi fu Wittgenstein o quale sia la visione di Kuhn temo non mi aiuterà a fare carriera. Tuttavia questo corso ma mi ha riempito di domande e mi ha fatto cambiare quasi totalmente punto di vista sull'informatica, e se l'Università dev'essere prima di tutto una fucina di cultura, per una volta non c'è dubbio che abbia assolto il suo compito.